Il sacerdote si rivolgerà ai fedeli dicendo «fratelli e sorelle». Cambiamenti al «Padre nostro» e al «Gloria»

Padre nostro
Non si tratta di cambiare la preghiera di Gesù: i Vangeli sono scritti in greco antico e il testo originale è immutabile. Il problema, non solo in Italia, è piuttosto la traduzione, come rendere quella voce verbale che si legge nel Vangelo di Matteo (6,13), riferimento della tradizione liturgica: eisenénkes, dal verbo eisféro, che per secoli è stato tradotto con l’«inducere» latino della Vulgata di San Girolamo, da cui l’«indurre» italiano. Questione delicata, perché tutti hanno imparato fin da piccoli a dire «e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male». Solo che «questa è una traduzione non buona», aveva spiegato alla fine del 2017 Papa Francesco: «Sono io a cadere, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, aiuta ad alzarsi subito. Chi ci induce in tentazione è Satana, è questo il mestiere di Satana». Così, aveva aggiunto, «il senso della nostra preghiera è: “Quando Satana mi induce in tentazione tu, per favore, dammi la mano, dammi la tua mano”». Di qui la scelta di tradurre «non abbandonarci alla tentazione». Per essere più fedeli al testo greco, quando si dice «e rimetti a noi i nostri debiti», verrà poi aggiunto un «anche»: «come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori».